Indira Gandhi: la prima donna Primo Ministro dell’India
Chi era davvero Indira Gandhi e cosa rappresenta ancora oggi per il suo Paese? Ecco la sua biografia.
Indira Gandhi, la sua politica, le sue riforme, il suo governo: luci ed ombre di un personaggio che ha segnato la storia del suo Paese
Originale e multisfaccettata, la vita privata e professionale di Indira Gandhi è - ancora oggi - fonte di riflessione e ispirazione per le donne di tutto il mondo. Come vedremo, le controverse vicende storiche e gli scritti che ne parlano impediscono di tracciarne un profilo univoco, ma di certo non sottraggono fascino a questa donna così decisa e determinata.
Indira Priyadarshini Nehru-Gandhi, nacque nel novembre del 1917, ad Allahbad, ed - essendo figlia di Jawaharlal Nehru, uomo politico di spicco, appartenente al Congresso Nazionale Indiano e impegnato per la lotta dell’indipendenza dell’India dall’impero britannico - fin da piccola respirò aria di ribellione. Ad oggi, è la prima e unica donna ad essere stata mai nominata Primo Ministro dell’India. Governò il suo Paese una prima volta dal Gennaio 1966 fino a Marzo 1977e una seconda da Gennaio 1980 fino al 31 Ottobre 1984, giorno in cui fu assassinata dalle sue guardie del corpo di etnia sikh.
L'infanzia di Indira Gandhi
L'infanzia e l’adolescenza di Indira Gandhi furono segnate soprattutto dall'assenza dei suoi genitori. La sua famiglia, molto ricca, fu da sempre schierata contro il colonialismo inglese e - proprio per questo motivo - tutti i suoi familiari finirono in carcere. Indira fu costretta, quindi, ad assumersi oneri molto grandi per la sua tenera età: a soli 8 anni si ritrovò a seguire la madre in Svizzera, che si ammalò gravemente a causa dei maltrattamenti subiti durante i ripetuti periodi di detenzione. Indira studiò in un collegio svizzero, dove acquisì una precisa visione del mondo: gli studi qui effettuati la plasmarono nel profondo e gettarono le basi della sua futura politica e del suo governo.
Appartenendo a un famiglia ricca, avrebbe potuto godere di tutti i privilegi a lei riservati e vivere negli agi, invece Indira Gandhi - una volta terminati gli studi e tornata in patria - si impegnò in una profonda lotta politico-sociale battendosi strenuamente contro l’occupazione inglese. Appena adolescente fondò la Monkey Brigate, un’organizzazione composta da circa 6000 ragazzi, che aveva il compito di trasmettere informazioni tra i rappresentanti dei vari movimenti e organizzare atti di vera e propria guerriglia contro le caserme inglesi. In questa fase della vita le fu di grande sostegno la figura paterna e quella del Mahatma Gandhi, che la coinvolsero e la influenzarono, inducendola ad abbracciare un pensiero politico volto a combattere la povertà e le ingiustizie.
La formazione scolastica e universitaria
Frequentò la Modern School di Dehli, poi l’Ecole Internazionale di Ginevra, studiò anche all’Ecole Nouvelle di Bex, alla Pupil’s Own School di Bombay e si iscrisse poi alla Bharati University di Shantiniketan. Quando la madre si aggravò, lasciò l’Università per seguirla ed assisterla in Europa; decise in seguito di iscriversi all’Università di Oxford. A causa di svariati problemi di salute, fu costretta ad interrompere ripetutamente gli studi. Nel 1940 si trovava in Svizzera, l’Europa era stata invasa dai nazisti e Indira Gandhi cercò di tornare in Inghilterra: riuscì a raggiungerla solamente un anno dopo. Dopo un breve soggiorno inglese, decise di ritornare in India senza aver completato gli studi.
Ad Allahbad si sposò con Feroze Gandhi, anch’esso impegnato politicamente e strenuo sostenitore dell’indipendenza. Indira Gandhi divenne assistente del padre, che era il Primo Ministro dell’India e - alla fine degli anni cinquanta - divenne Presidente del Congresso. Dopo la morte del padre fu eletta Ministro dell’informazione e Telecomunicazioni nel governo Lal Bahadur Shastri. Venne eletta Primo Ministro del governo indiano il 18 gennaio 1966, ma - già un anno dopo - il Partito del Congresso cui Indira apparteneva perse consenso, a causa di correnti di estrema sinistra che si svilupparono in alcune regioni. Il risultato fu una scissione di partito, avvenuta nel 1969, che diede vita ad un’ala Conservatrice ed ad una Progressista.
Dopo la scissione, il suo governo attuò una politica molto decisa nei confronti dei problemi endemici del suo Paese, primo fra tutti la povertà, tanto che - come Primo Ministro - Indira Gandhi si guadagnò l’appellativo di “Comunista”. Le sue riforme erano molto vicine all’ideologia comunista, anche se lei si identificò sempre nel pensiero socialista. Tra i primi atti del suo governo ci fu la nazionalizzazione di una decina di banche ed di un certo numero di miniere, affrancando così l’economia indiana dall’influenza di Paesi stranieri. Riformò le norme che regolavano il settore terriero, impose limiti alla proprietà privata, cancellò privilegi e rendite ereditarie dei nobili. Nel 1971 vinse di nuovo le elezioni. In quegli anni la sua carriera politica era al culmine anche per la vittoria militare riportata contro il Pakistan. Sembrava, quindi, fosse possibile effettuare tutte quelle riforme promesse in campagna elettorale atte a sconfiggere la povertà del suo Paese. Anche se buona parte del suo partito era dominato fa forze conservatrici.
Ma perché fallì il suo progetto di abbattere la povertà?
Benché le condizioni dell’India fossero notevolmente migliorate sotto la sua guida, non ci volle molto a scoprire che le risorse per attuare tutti i suoi propositi non erano disponibili. Molti fattori concorsero a far tramontare l’ambizioso progetto di abbattere la povertà di tutte le fasce più deboli: l’arrivo massiccio dei profughi provocato dalla guerra indo-pakistana, che prosciugarono le riserve di cibo, gli esiti dei monsoni che per tre anni flagellarono il Paese e misero in ginocchio l’agricoltura. In ultimo, ma non per importanza, l’aumento del greggio deciso nel 1972 dai paesi dell’ OPEC. Questi tre eventi ebbero gravissime conseguenze sull’economia dell’India. Le ulteriori riforme tanto promesse non partirono mai o fallirono miseramente. A questo si aggiunsero scandali per corruzione da parte di rappresentanti del Partito del Congresso e della stessa Gandhi. Il Paese attraversò un periodo di grande fermento, furono indetti scioperi e manifestazioni, il malcontento popolare era sempre più evidente, ma le proteste vennero sedate con la violenza e repressione. Lo sciopero dei ferrovieri del 1974 fu soffocato brutalmente e finì con l’arresto di circa 20 mila scioperanti.
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L’opposizione non stette a guardare e chiese con grande determinazione le dimissioni del Primo Ministro. Nel 1975 l’Alta Corte dichiarò le elezioni del 1971 non valide per gravi irregolarità e bandì Indira Gandhi da ogni carica elettiva per sei anni. Ma lei - per tutta risposta - proclamò lo stato di emergenza nazionale, congelò i diritti civili e promulgò leggi per rendere inefficace la sentenza dell’Alta Corte che l’aveva accusata di brogli elettorali. Molti esponenti dell’opposizione sparirono senza lasciare traccia, i giornalisti furono messi a tacere. Nel 1977 si ritornò alle urne, non fu rieletta e fu arrestata per alcuni giorni.
Nel 1980 si ripresentò alle elezioni e vinse di nuovo rimanendo alla guida del suo Paese, fino all’ottobre del 1984. Fu in questo periodo che perse il figlio Sanjay, perito in un incidente aereo. Il dolore non la distolse dagli impegni politici, tanto da coinvolgere nel suo lavoro il figlio Rajiv, sposato con l’italiana Sonia Gandhi. La scelta di coinvolgere il figlio suscitò non pochi malumori tra i suoi oppositori e non solo. Ma - nonostante il suo impegno - per lei iniziò la parabola discendente. L’indipendenza reclamata dalle regioni ricche del nord fu causa di grandi agitazioni di massa e fra le etnie più facinorose si distinse quella dei Sikh, abitanti della regione del Punjab. La ribellione fu repressa dall’esercito con la violenza: l’operazione “Blu Star” provocò la morte di oltre 600 persone. La vendetta dei Sikh non si fece attendere e il 31 ottobre 1984 le sue guardie del corpo di etnia Sikh la uccisero sparandole vari colpi d’arma da fuoco mentre stava attraversando il suo giardino. Era appena tornata da un viaggio per ragioni elettorali ed il discorso pronunciato in quell’occasione ebbe tutta l’aria di un presagio:
“Non ho l’ambizione di vivere a lungo, ma ho l’ambizione di mettere la mia vita al servizio della nazione. Se dovessi morire oggi, ogni goccia del mio sangue fortificherebbe l’India”.
Il ruolo e la figura di Indira Ghandi nella storia
Le posizioni di chi ha raccontato la vita di Indira Gandhi non sono univoche: Salman Rushdie - ad esempio - nel suo “I figli della mezzanotte” fu molto severo sul periodo dell’emergenza nazionale, che la vide responsabile di torture e soppressione della libertà. Altri studiosi affermano che - contrariamente al padre che aveva governato il paese per 17 anni attuando una politica ideologica e di pensiero con un preciso progetto politico - Indira Gandhi non avesse invece una ideologia ed un progetto chiaro e che si basasse più sull’istinto che sui ragionamenti profondi. Ma è indubbio che l’impegno di questa donna fu altissimo e che le problematiche che dovette affrontare furono di elevata difficoltà.
L’India è un Paese enorme, con una popolazione - da sempre - fra le più alte al mondo, attanagliata da carenze ataviche, caratterizzato da una povertà difficile da debellare e percorse da lotte intestine fra diverse etnie. Tracciare un profilo univoco non è facile: luci ed ombre si sovrappongono; per i suoi detrattori fu una donna cinica e fredda, con la capacità del tutto inusuale (per un indiano) di parlare apertamente e francamente anche di argomenti spiacevoli. Per i suoi sostenitori fu, invece, una donna tenace e forte. Quello che sappiamo con certezza è che, in una manciata di anni, strappò l’India dal Medioevo lanciandola nell’Era Moderna.