La biografia di Audrey Hepburn: l'immensa carriera di un'anima fragile

Un corpo agile e minuto, capelli bruni, sopracciglia folte, un paio di occhi enormi e carnose labbra all'insù. Eppure lei, guardandosi allo specchio, proprio non capiva come mai il mondo la vedesse così bella...



Audrey Hepburn: Biografia e Carriera - CorriereDelleDame

Domani, 4 maggio 2019, saranno trascorsi esattamente 90 anni dalla nascita di una delle più straordinarie attrici del mondo, Audrey Hepburn, stella del cinema scomparsa all’età di 63 anni nel 1993.
Icona intramontabile del grande schermo, la Hepburn ha goduto di una vita piena e avventurosa, costellata di soddisfazioni importanti ma, alcuni risvolti della sua esistenza, in particolare riguardanti i primi anni della sua vita, hanno contribuito a renderla una personalità complessa ed introversa. La Hepburn icona pop che tutti noi oggi conosciamo, è stata una donna fuori dal comue, coraggiosa e intraprendente, con uno charme naturalmente innato: eppure quel corpo esile, quella sua pelle d'avorio e quegli occhi sfuggenti, da cerbiatta, racchiudevano al loro interno un'anima profondamente nostalgica e solitaria.

I primi anni e la Seconda Guerra Mondiale

Audrey Kathleen Ruston Hepburn nacque il 4 maggio del 1929 a Ixelles, sobborgo situato a sud-est di Bruxelles, da un’aristocratica olandese, la baronessa Ella van Heemstra, e da Joseph Anthony Ruston, inglese impiegato in una compagnia di assicurazioni. Audrey aveva due fratellastri, nati dal primo matrimonio della madre e diversi avi di sangue blu, tra cui Edoardo III d’Inghilterra e James Hepburn, conte di Bothwell.
Da piccola viaggiò molto fra il Regno Unito, il Belgio e i Paesi Bassi a causa del lavoro del padre: quest’ultimo, simpatizzante nazista, lasciò la famiglia nel 1953 per trasferirsi a Dublino, in seguito al divorzio dalla baronessa. Audrey raccontò di aver vissuto quel periodo come uno dei più drammatici della sua vita. Solo molti anni dopo, grazie alla Croce Rossa, la donna riuscì a ritrovare il padre e gli stette accanto fino alla sua morte, aiutandolo anche economicamente.

Per sfuggire al nazismo dilagante, Audrey Hepburn e la madre si trasferirono in Olanda, ad Arnhem: oramai sedicenne, la giovane era diventata volontaria infermiera nell’ospedale della città dove si racconta abbia soccorso Terence Young, allora soldato paracadutista, il quale la diresse diversi anni dopo ne Gli occhi della Notte.
Nello stesso periodo, la Hepburn conobbe l’amore della sua vita, quello per la danza classica, e frequentò il conservatorio di Arnhem per sei anni. Nel 1944 era oramai diventata una ballerina e partecipava attivamente a spettacoli ed eventi per raccogliere fondi a favore dei movimenti anti-nazisti. Il giorno del suo sedicesimo compleanno, i Paesi Bassi vengono liberati dai nazisti; anni più tardi l’attrice ricorderà questo evento come un momento estremamente confortevole “una cosa difficile da esprimere a parole” (cit.).
Oltre al dolore e i brutti ricordi, la guerra le lasciò un’altra triste eredità: nonostante il proseguimento dei suoi studi di danza, prima ad Amsterdam e poi in Inghilterra, a Londra, con la famosa balleria Marie Rambert, la forte malnutrizione subita nei primi anni della sua vita e dalla quale il suo fragile corpo non si riprese mai completamente, le impedì di coronare il suo sogno, quello di diventare una prima ballerina.

Audrey Hepburn: i primi ruoli a teatro, Hollywood e l’ascesa all’Olimpo cinematografico

Audrey, poco più che ventenne, non si lasciò scoraggiare e decise di dedicarsi alla recitazione: la sua carriera iniziò in maniera insolita, partecipando ad un documentario educativo del 1948 intitolato L'olandese in 7 lezioni e, successivamente, prese parte ad alcuni musical a teatro. Il 1951 è l’anno d’esordio sul grande schermo con One Wild Oat, in cui interpreta il ruolo marginale di una centralinista. Con la pellicola del ‘51 Monte Carlo Baby, per la quale fu scelta come protagonista dalla scrittrice francese Colette, ottenne un certo successo che la portò ad aggiudicarsi il premio di esordio Theatre World Award.

Fu con Thorold Dickinson e il suo The Secret People, che la Hepburn intraprese il suo primo ruolo cinematografico di spessore, quello di una ballerina, lavoro che le permise di mettere a frutto la sua appassionata conoscenza della danza classica.
Le prime avvisaglie della consacrazione a mostro sacro di Hollywood arriveranno nel 1952 con il provino per Vacanze Romane: nonostante la Paramount Pictures volesse fortemente l'attrice Elizabeth Taylor nel ruolo della protagonista, Wyler, il regista, dopo aver visto il provino della Hepburn ne rimase totalmente affascinato, tanto da assegnarle il ruolo della Principessa Anna accanto al divo Gregory Peck, il resto è storia.
Infatti, due anni dopo, quell’indimenticabile interpretazione la portò a vincere l’Oscar come Miglior Attrice Protagonista: è in questa occasione che incanterà ufficialmente il mondo intero con la sua innocente bellezza avvolta, in maniera magistrale, da un fiorato abito bianco firmato da quello che diventerà uno dei suoi più fidati e fedeli amici, lo stilista Hubert de Givenchy.

Accanto ad Humphrey Bogart in Sabrina – film per il quale ricevette una seconda nomination agli Oscar, andato poi a Grace Kelly per La ragazza di campagna – e con Ondine, nel 1954, con Mel Ferrel, che sposò lo stesso anno, oramai Audrey Hepburn era diventata una star di Hollywood a tutti gli effetti ed un'icona di stile senza tempo: il fascino riservato e quell’aria ingenua, a tratti enigmatica, la accompagneranno per tutta la sua carriera.
Nel ‘57 recitare in Cenerentola a Parigi, le permise di realizzare uno dei suoi più grandi sogni, quello di danzare accanto al maestro Fred Astair; nello stesso anno con Love in the Afternoon (in Italia, Arianna), diretto da Billy Wilder, vinse il Golden Laurel Award con il supporto di Maurice Chevalier e Gary Cooper.

Il ruolo di Sorella Luke in Storie di una Monaca, fu probabilmente la sua più difficile interpretazione che contribuì a tacere le chiacchiere che facevano dell’attrice solo un bel volto e nulla di più. Ma anche la celeberrima Holly Golightly, in Colazione da Tiffany, le diede del filo da torcere: la pellicola del 1961, diretta da Blake Edwards, è quella che sicuramente le regalò maggior fama, portandola ad un’ennesima nomination agli Oscar, al secondo BAFTA e ad un David di Donatello. Per una donna timida ed introversa come era Audrey, dare voce e credibilità ad una estroversa giovane newyorkese, bisessuale nella versione originale di Truman Capote, non fu di certo impresa facile: anche, ma non solo questo, contribuì a rendere l’interpretazione della Hepburn uno dei ruoli cardine del cinema del ventesimo secolo.
Nel 1963 è il turno di Sciarada, poi My Fair Lady l’anno successivo, in una sequela di film di gran successo che le valsero ulteriori premi e riconoscimenti.

Gli ultimi anni di Audrey Hepburn, l’impegno sociale e la morte

Dopo il 1967, Audrey Hepburn cominciò ad abbandonare il mondo del cinema. La gravidanza del secondo figlio, Luca, avuto con il secondo marito, lo psichiatra italiano Andrea Dotti, non fu semplice e la costrinse a letto la maggior parte del tempo.
Undici anni dopo, nel 1976 torna con Robin e Marian, e poi in Linea di Sangue, altra operta di Terence Young, stavolta un completo fallimento al botteghino. Il 1988 fu l’anno dell’ultima apparizione sul grande schermo con Always, Per Sempre diretto da Steven Spielberg.
Audrey Hepburn si impegnò molto nel sociale, in particolare per l’UNICEF: partecipò a diverse missioni umanitarie assieme a Robert Wolders, attore olandese con il quale convisse in Svizzera, in seguito alla rottura con Dotti, senza mai sposarsi.

La sera del 20 gennaio 1993 muore a causa di un cancro al colon che le fu scoperto pochi mesi prima, di ritorno da un viaggio umanitario in Somalia. Lasciò la vita nel sonno, nella tenuta di Tolochenaz in Svizzera, ultima dimora che fu in grado di raggiungere grazie all’aiuto prezioso dell’amico di una vita Givenchy. Pochi mesi dopo la scomparsa della madre, Sean il primogenito avuto con Ferrel, fondò la Audrey Hepburn Children's Fund in favore della scolarizzazione africana.

“Mia madre ha avuto una vita coronata dal successo e segnata dalle scelte giuste, la prima delle quali fu la sua carriera. Più tardi, invece, scelse la famiglia. E infine, quando noi figli eravamo ormai cresciuti e avevamo le nostre vite, scelse i bambini bisognosi di tutto il mondo: scelse di restituire quel che poteva in cambio di ciò che aveva avuto dalla vita. Per lei, in questa scelta così importante e determinante, stava la chiave per capire, e forse anche curare, qualcosa che l'aveva accompagnata nel corso di tutta la vita: una profonda, radicata tristezza.” - Sean Hepburn Ferrer

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