Amelia Earhart: biografia storia e temperamento di una donna che divenne leggenda

Scopri con noi la storia di Amelia Earhart: donna dal grande temperamento che prese il volo sfidando se stessa e la società dell'epoca.



Amelia Earhart: Biografia e Storia

Amelia Earhart nacque nel 1897 nell’Atchinson, Kansas, da una famiglia agiata. Per tutta l’infanzia e l’adolescenza percorse in lungo e in largo gli Stati Uniti ed il Canada, al seguito dei suoi genitori, costretti a continui spostamenti per ragioni di lavoro. Prestò la sua opera come infermiera in Canada, presso un ospedale militare, per tutta la durata della prima guerra mondiale. Fece il suo primo viaggio in aereo come passeggera a 23 anni, in occasione di un raduno aeronautico che si svolse a Long Beach. Fu un volo di soli dieci minuti a bordo di un biplano, per un breve giro turistico, ma da quel momento fu subito amore per il mondo fantastico dell’aeronautica di cui divenne pioniera.
Dopo aver capito che il volo sarebbe stato la sua passione per la vita, si adattò a svolgere svariati lavori per poter prendere lezioni di volo da Anita Snook, anch’essa fra le prime donne al mondo a pilotare un aereo. Superato un triennio di studi e un periodo di esperienza fatta sul campo, conseguì il brevetto di pilota, divenendo la sedicesima donna al mondo ad averlo conseguito.

Le imprese di Amalia Earhart e il primo volo

A distanza di un anno dalla prima transvolata in solitaria dell’Atlantico di Lindbergh, avvenuta nel 1927, Amelia Earhart, a bordo del suo Fokker FVII, si cimentò nella stessa impresa ma in compagnia del pilota Wilmer Stultz ed il coopilota Louis Gordon. Come lei stessa dichiarò, a pilotare l’aereo per quasi tutto il tempo fu Stultz, ma - dopo 21 ore di volo, giunti in Galles, le acclamazioni furono tutte per lei. Fu la prima donna ad attraversare l’Oceano Atlantico e persino il Presidente degli Stati Uniti d’America, Calvin Coolidg, le inviò un cablogramma con cui le porgeva le più vive congratulazioni. Questa azione, di memorabile portata, le valse il soprannome di “Nuova Regina dell’Aria” divenendo così una vera e propria eroina.

Iniziò per lei un periodo di vorticosi impegni: prese parte a conferenze, accettò incarichi presso compagnie aeree, scrisse dei libri, fu testimonial di campagne pubblicitarie, divenne anche consulente tecnico per il Dipartimento dell’Aeronautica americana. Da queste attività trasse gli introiti che le permisero di promuovere iniziative a favore delle donne che desideravano dedicarsi al mondo dell’aviazione. Fu in grado, inoltre, di dedicarsi alle competizioni, impiegando così tutto il suo tempo alla sua grande passione: il volo.


In quel momento storico gli Stati Uniti stavano attraversando il periodo della grande depressione e le imprese che Amelia portò a termine furono un vero e proprio toccasana per lo spirito degli americani. Ma i suoi meriti andarono ben oltre a quelli conquistati sul campo: infranse la consuetudine di genere, che vedeva l’aviazione come un ambito prettamente maschile. Compì imprese dove uomini avevano fallito e contribuì a sviluppare nella mentalità collettiva l’immagine di una donna in grado di andare ben oltre i ruoli svolti fino a quel momento.

Nei suoi giri in tutta l’America portò l’entusiasmo e la previsione di un futuro di grande espansione dei viaggi aerei. Da lì a pochi anni la sua previsione si dimostrò giusta.
Il suo era un lavoro incessante e la determinazione di migliorarsi la portò, nel 1931, a stabilire il suo primo record: salire all’altitudine di 5613 metri.


Nel 1932 nessun altro aveva ancora emulato la trasvolata in solitaria di Lindbergh; ci pensò Lady Lindy, così la chiamavano affettuosamente i suoi sostenitori, a colmare questo vuoto. Da Terranova a Londonderry (Irlanda del Nord) in poco meno di 15 ore di volo, Lady Lindy divenne leggenda. Ma le sue imprese erano destinate a garantirle altre vittorie: determinata ad incassare il successo lì dove altri avevano miseramente fallito, sempre nel 1932 divenne la prima donna ad aver attraversato gli Stati Uniti senza effettuare scalo. Da Los Angels a Newark in New Jersey, nessuna sosta per fare rifornimento.
Memorabile - a tal proposito - una sua frase con cui affermava: “La cosa più difficile è iniziare ad agire, il resto è solo tenacia”.


Ma Amelia Earhart non fu solamente una leggendaria aviatrice, in lei ardeva il fuoco sacro della passione del volo e - per ottenere il massimo dai suoi aerei - divenne un ottimo meccanico, tanto che si adoperò per effettuare delle modifiche agli aerei per migliorarne le prestazioni.

La morte di Amelia Earhart: l’ultima impresa che metterà fine alla sua avventurosa vita

Grazie a dei finanziamenti ottenuti dalla Purdue University, Amelia Earhart iniziò a pianificare l’impresa più ardua: effettuare il giro del mondo. Nel 1935 la Lockheed Aircraft Corporation costruì l’aereo che l’avrebbe accompagnata in questa ennesima avventura: un Lockheed L 10 denominato “Elettra”. Fu proprio lei ad impartire le direttive che portarono alla costruzione di un monoplano bimotore, con una fusoliera più estesa, capace di ospitare un grande serbatoio per il carburante. Il giro del mondo era stato già tentato con successo da altri aviatori, ma Amelia Earhart aveva intenzione di percorrere la rotta equatoriale, più lunga e più insidiosa (47.000 Km). Un primo tentativo di girare intorno alla Terra attraverso questa rotta lo effettuò nel marzo del 1937; con il suo equipaggio, composto dai capitani Harry Manning, Fred Noonan e dal consulente tecnico Paul Mantz, decollò da Oakland (California) verso Honolulu (Isole Hawaii). Questo scalo avrebbe dovuto rappresentare il primo di una lunga serie di tappe, ma - giunti a destinazione - furono costretti a fermarsi e rimandare l’impresa a data da destinarsi, a causa di un guasto tecnico.


Amelia Earhart non si diede per vinta. Raccolse ulteriori fondi e progettò un altro tentativo.  Questa volta con un solo compagno di viaggio: il capitano Noonan. La mitica eroina spiccò il volo da Miami il 1° Giugno 1937, facendo rotta verso il Sud America, proseguì facendo delle soste in Africa, in India e nell’Asia sudorientale. Dopo 28 giorni di viaggio giunse in Nuova Guinea. Aveva percorso 35.000 Km, ne restavano altri 11.000 tutti sull’Oceano Pacifico. Il 2 luglio a mezzanotte l’Elettra decollò alla volta di Howland, una lingua di terra in mezzo al Pacifico, poco a nord dell’equatore, distante poco più di 4000 Km.
Fu in quella notte che il destino decise di mettere fine alle imprese di Amelia Earhart. Ancora oggi sono sconosciute le vere cause che provocarono l’interruzione dei contatti radio con la barca a vela Itasca che, orbitando intorno all’atollo di Howland, aveva il compito di guidare l’atterraggio attraverso segnali radio. Una volta persi i contatti, dalla barca si levarono segnali di fumo nella speranza che potessero essere visti dai piloti, ma neanche questo servì a far trovare la giusta rotta all’aereo che sembrò sparire nel nulla.


Fra le ipotesi più accreditate per spiegare le cause dell’incidente ci fu quella secondo cui l’antenna radio, montata sotto la fusoliera, potesse essersi strappata durante il rullaggio, ma ancora oggi la vicenda rimane avvolta nel mistero. Dopo un’ora dall’ultimo contatto radio, la barca a vela Itasca iniziò le ricerche nei punti dove presumibilmente doveva trovarsi l’aereo al momento in cui si erano persi i contatti, ma tutto fu inutile. Così come furono inutili le ricerche effettuate dalla Marina Militare Americana arrivata ad aiutare nelle ricerche la barca a vela.
Per anni si è cercato di capire che fine avesse fatto l’aereo e, fra le ipotesi che si sono accavallate, la più attendibile affermava che la Earhart avesse proseguito senza contatto radio per circa due ore e mezzo giungendo all’isola Gardener Island, nello stato di Kiribati, e che - in mancanza di carburante - avesse tentato un ammaraggio.

In effetti nel 1940 sull’isola furono ritrovati uno scheletro umano ed un antico sestante, ma le analisi fatte all’epoca non diedero i risultati sperati e dopo qualche tempo i reperti andarono smarriti.
Nel 2012 l’organizzazione mondiale Tighar, che ha per scopo il recupero di velivoli storici, organizzò una spedizione sull’isola e qui furono raccolti alcuni manufatti ed alcuni resti umani, ma anche questa volta le analisi non diedero il risultato sperato.


Nel 2018 uno studio pubblicato sulla rivista Forensic Anthropology ha stabilito che i resti ritrovati nel lontano 1940 sull’isola di Nikumaroru (nuovo nome dell’isola Gardener Island) appartenevano a Amelia Earhart. Si conclude così una vicenda che solleticò la fantasia di sceneggiatori e musicisti; molti infatti i film, gli sceneggiati televisivi e canzoni di cui Amelia Earhart è la protagonista. Anche la cantautrice italiana Antonella Ruggeri le ha dedicato una canzone dal titolo “L’aviatrice”.

Indiscutibilmente la sua figura fu un simbolo per tutte le donne che in quell’epoca erano ancora molto lontane dall’emancipazione. Amelia Earhart aveva le ali nell’animo ed aveva volato alto.
La sua vita l’aveva dedicata interamente alla sua grande passione e tutto di lei ruotava intorno alla fantastica avventura del volo. Oltre a progettare cambiamenti ai velivoli per migliorarne le prestazioni, aveva disegnato una tuta di volo per le donne aviatrici, dimostrando così quanto fosse facile per il gentil sesso coniugare un lavoro da sempre considerato prettamente da uomini con il gusto e la grazia femminile.
Donna forte, volitiva e coraggiosa, fu molto impegnata nel dare ad altre donne la possibilità di avvicinarsi all’attività aeronautica. Per realizzare questo progetto investì energie e denaro in prima persona per questo resta ancora oggi un esempio ancora oggi valido per tutte. Da ricordare la sua famosa la sua frase: “Il coraggio è il prezzo che la vita esige per l’assegnazione della pace”.

Angela Agresta

Angela Agresta

È nata a Marina di Catanzaro, adora il mare e si è sempre chiesta: perché vivo in collina? Alla nascita della sua seconda bimba “ha smesso di lavorare” per fare la mamma a tempo pieno. Quando sono diventate due splendide donne, ha iniziato a dedicarsi a tutto ciò che le era sempre piaciuto, ma per cui non aveva mai avuto abbastanza tempo. Ha imparato a realizzare splendidi oggetti con la tecnica dell’invetriatura Tiffany, ha frequentato un corso di giardinaggio, uno di pasticceria professionale e uno di fotografia. Il risultato? Da come il suo giardino si inonda di colori in ogni stagione, da quanto sono apprezzati i suoi dolci e le foto con cui spesso immortala tutto… ritiene di non aver seminato sul cemento armato! La sua ultima passione è il Tai Chi, una meravigliosa disciplina orientale di cui avrà modo di parlare in queste pagine.

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