Aborto in Italia: Numeri
Quali sono i numeri dell'aborto in Italia? Ecco l'approfondimento del Corriere delle Dame.
A quarant’anni dalla legge 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza, il Corriere Delle Dame propone una riflessione su cosa sia cambiato dalla sua introduzione, quali siano oggi le difficoltà di una donna che ne vuole usufruire e sul perché - nel nostro Paese - sia sempre più difficile sottoporsi a questo intervento.
In passato, lo si praticava col ferro da calza o con altri strumenti di fortuna, in ambienti non adeguati, senza igiene e senza le opportune accortezze che fossero in grado di garantire la salute. Il risultato? Le donne morivano a centinaia sui lettini delle mammane. Si può affermare che la maggior parte dei femminicidi sia avvenuta per mano dell’aborto clandestino. Poi, finalmente, arrivò la legge 194/78.
Sono passati più di 40 anni da quel 22 Maggio del 1978, giorno in cui veniva finalmente emanata la legge 194 che ancora oggi regola la normativa sull’interruzione volontaria di gravidanza. Una legge fortemente voluta dal partito radicale, che ha depenalizzato l’aborto, mettendo fine al triste fenomeno dell’interruzione di gravidanza clandestina, costata la vita a migliaia di donne.
La necessità di ottenere una legge che regolamentasse l’aborto fu portata all’attenzione della cronaca dopo l’arresto del segretario del Partito Radicale Gianfranco Spadaccia, della segretaria del CISA (centro di informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto) Adele Faccio e di Emma Bonino, che si erano autodenunciati per aver praticato delle interruzioni di gravidanza. Iniziarono così ondate di manifestazioni e proteste di piazza che indussero molti politici di allora a portare avanti una campagna in favore dell’aborto legalizzato, culminata con l’approvazione della legge 194/78.
La legge fu oggetto di interrogativi di carattere etico e religioso, tanto che nel 1981 ci fu un referendum con cui si dava la possibilità ai cittadini di abolirne una parte, svuotandola del suo principale contenuto. Come tutti sappiamo, vinse il “NO”, anche se - ancora oggi - sono frequenti i rigurgiti di antiabortisti che vorrebbero ridiscuterla.
Interruzioni di gravidanze sul nostro territorio: i numeri in Italia
Anche se di diversa entità, nel corso degli anni, gli aborti hanno seguito una progressiva e costante diminuzione, dai 240.000 del 1982 siamo passati agli 84.000 del 2016. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, il numero di aborti è leggermente maggiore al Nord rispetto al Sud ed alle Isole.
La legge non sancisce la libertà di ricorrere indiscriminatamente all’aborto, ma delimita i termini per interrompere una gravidanza non desiderata, entro certi limiti ben precisi di tempo e condizioni. È possibile ricorrere all’IVG entro i primi 90 giorni di gravidanza. Per gli aborti terapeutici il periodo è fino al 4°- 5° mese.
Ma perché in Italia è così difficile abortire?
In Italia è diventato sempre più difficile ricorrere all’IVG a causa di un numero crescente di medici obiettori di coscienza, che si rifiutano di prestare la propria opera per motivi etico-religiosi, ma anche perché i medici abortisti vengono osteggiati ed ostacolati nel loro lavoro. Molti reparti di ginecologia, infatti, sono in mano a primari obiettori provenienti da università cattoliche. In alcuni ospedali, ad essere obiettori non sono solo i medici, ma anche tutto il personale che ruota intorno all’intervento: dall’anestesista all’infermiere strumentalista.
La regioni in cui è più massiccia la presenza di obiettori di coscienza con il 97% è il Molise, seguita dalla Basilicata con l’88%, la Puglia, la Sicilia, la Campania, l’Abruzzo con oltre l’80%, quindi il Lazio col 78% , Lombardia Trentino e Veneto col 71% , la Calabria con 69,5% e via via a diminuire fino a giungere all’Emilia Romagna che ha la percentuale più bassa pari al 48,2%. Una legge - se non viene applicata - è come se non ci fosse ed è dietro l’angolo il pericolo, sempre più crescente, di un colpo di mano per renderla più restrittiva.
Ma qual è il profilo delle donne che ricorrono a questo intervento?
I tassi più alti di donne che ricorrono all’aborto si hanno fra quelle di età compresa tra i 25 e i 34 anni. Fra le italiane che hanno abortito nel 2016 il 45% era in possesso di diploma di maturità, il 47% aveva un’occupazione, il 57,8 % era nubile, il 44% non aveva figli. Fra le straniere, invece, il 46% era in possesso della licenza media inferiore ed il 39,2% aveva un’occupazione.
La decisione di porre fine ad una gravidanza è sempre un momento di grande dolore per una donna, spesso è una scelta che avviene in perfetta solitudine. Altre volte sono le ragioni economiche, famigliari o occupazionali ad indurre verso l’aborto, ma qualunque sia la ragione, nessuna donna lo fa a cuor leggero. In una società che si definisce civile, la strada corretta per impedire una interruzione di gravidanza volontaria è sicuramente quello di gettare le basi per un cambio di passo del ruolo della donna, troppo spesso marginale e subordinato all’uomo, ma anche la costruzione di un solido welfare a protezione dei soggetti più deboli e l'educazione sessuale e affettiva nelle scuole, dove germogliano le idee e si formano i cittadini di domani.
Per impedire gli aborti non è corretto - né tantomeno democratico - alzare argini per disattendere la legge. Per scongiurare un aborto è necessario che la società e la politica si facciano carico di risolvere in maniera seria le problematiche che spingono una donna a perseguire questa strada: solo così l’aborto diventerà veramente l’extrema ratio a cui ricorrere.